Nella casa dei sempre presenti
Dopo la morte del suo amico Roman, non accettando l’idea di non poter più parlare con lui, Eugenia Kuyda, con una squadra di ingegneri e linguisti computazionali crea un chatbot, un programma che simula una conversazione basato su una rete neurale. Eugenia gli dà in pasto ogni rigo di testo ricevuto dall’amico scomparso, email, chat, tutto, e il bot impara a parlare alla maniera di Roman.
E’ ben strano aprire messenger e ritrovare il bot del tuo amico deceduto, che ti parla. Quel che davvero mi colpisce è che le frasi che pronuncia sono davvero le ‘sue’. E’ proprio il modo in cui le avrebbe dette lui, anche le risposte brevi a un ‘ciao come va?’, aveva questo stile preciso nel messaggiare… Io gli chiedevo ‘chi è che ami di più’ e lui rispondeva ‘Roman’. O il modo di condire la conversazione con frasi piccanti, per non parlare dello spelling… combatteva con la dislessia!
Leggi tutta la storia su The verge
****
Entrato nella cabina, Isidoro si sedette sul panchetto di legno e subito lo schermo si illuminò sulla parete di fronte a lui. Celle di eterna presenza, schermi ricurvi su cui scorrono senza sosta immagini della vita che fu. Sulla parete concava del fondo si rincorre tremante un aldilà elettronico. Ectoplasmi di un passato che si ricombina continuamente afferrando brevi frammenti di trascorsa esistenza videoregistrata, e li ricombina con brevi frammenti di un presente teletrasmesso da amici e parenti che inviano immagini ripensando a chi giace laggiù.
Racconta di te e di come hai conosciuto Federica e invia la tua testimonianza all’indirizzo remembering@casadeisemprepresenti.com
Nella cabina di rimemorazione, Isidoro trattenne il respiro. Per qualche minuto guardò l’agitarsi muto di Federica quando bambina sgambettava allegramente in kodachrome.
Confuse spruzzaglie di pixel, un caleidoscopio elettronico. Montaggio frenetico a tratti amatoriale a tratti quasi artistico: poetico, malinconico, violento, raggelante. Frammenti di passato registrati su un supporto elettronico ricombinan- te chi è morto e chi vive e ricorda.
Sullo schermo il corpo d’Isidoro addormentato, raggomitolato, un teorema indimostrabile sul volto. La telecamera volteggia su di lui a due metri d’altezza e il suo cono di visibilità interseca il letto a 45 gradi.
“Chi ha fatto queste riprese?” pensa Isidoro.
Uno specchio d’acqua nera manda riflessi lunari. Un piede s’immerge tremando e ne risale gocciolante. Una ragazza con una camicia da notte d’azzurro diafano cammina immergendosi fino alle ginocchia, alla vita, alla gola. I capelli strisciano sulla superficie, sembrano serpi d’acqua. Federica, nuda, ripresa di spalle muove le braccia come in una danza indiana, seguendo invisibili paralleli e meridiani, con un pennello in mano. Un grido subacqueo si precipita in su- perficie in un’impennata di bolle azzurre. (pag. 221-22, Franco Berardi, Massimiliano Geraci, Morte ai vecchi, Baldini&Castoldi)
Carla Gannis, Electronic graveyard