Nella casa dei sempre presenti

Dopo la morte del suo amico Roman, non accettando l’idea di non poter più parlare con lui, Eugenia Kuyda, con una squadra di ingegneri e linguisti computazionali crea un chatbot, un programma che simula una conversazione basato su una rete neurale. Eugenia gli dà in pasto ogni rigo di testo ricevuto dall’amico scomparso, email, chat, tutto, e il bot impara a parlare alla maniera di Roman.

E’ ben strano aprire messenger e ritrovare il bot del tuo amico deceduto, che ti parla. Quel che davvero mi colpisce è che le frasi che pronuncia sono davvero le ‘sue’. E’ proprio il modo in cui le avrebbe dette lui, anche le risposte brevi a un ‘ciao come va?’, aveva questo stile preciso nel messaggiare… Io gli chiedevo ‘chi è che ami di più’ e lui rispondeva ‘Roman’. O il modo di condire la conversazione con frasi piccanti, per non parlare dello spelling… combatteva con la dislessia!

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Entrato nella cabina, Isidoro si sedette sul panchetto di legno e subito lo schermo si illuminò sulla parete di fronte a lui. Celle di eterna presenza, schermi ricurvi su cui scorrono senza sosta immagini della vita che fu. Sulla parete concava del fondo si rincorre tremante un aldilà elettronico. Ectoplasmi di un passato che si ricombina continuamente afferrando brevi frammenti di trascorsa esistenza videoregistrata, e li ricombina con brevi frammenti di un presente teletrasmesso da amici e parenti che inviano immagini ripensando a chi giace laggiù.

Denis and Katya, due adolescenti russi di 15 anni, così soprannominati dai media, sembrano usciti dalle pagine di Morte ai vecchi. Denis ha sparato alla madre di Katya a seguito di una lite perché la figlia aveva passato la notte fuori senza permesso.

La polizia circonda la casa e i ragazzi cominciano a sparare a uno dei furgoni posteggiati, tutto in diretta su internet.

I due bevono, chiacchierano, sorridono imbracciando le armi e fanno fuoco con pistole e fucili. Inquadrano le abbondanti munizioni, il padre di lei è nelle forze speciali.  Sparano su una vecchia tv a tubo catodico – non potrà più servirgli – e ridendo la scaraventano dalla finestra sulla neve, fa già molto freddo a Pskov, la regione in cui si vivono.

“Non abbiamo scelta”, dice Katya. Punta la pistola in testa a Denis e fa finta di sparargli, PIUHHH e ancora risatine, poi Katya gli accende una sigaretta con la sua, fumano con calma, non sembrano nervosi.

Denis prende in mano una fotografia, che ritrae Putin con accanto un uomo non ancora identificato. Il presidente è OK, dice Denis indicandolo, ma quest’altro qua deve morire, e Katya aggiunge che quell’uomo l’avrebbe picchiata spesso.

Nel suo ultimo post su un social media il ragazzo scrive: “vi ho amato, e non vi siete accorti di come mi avete sputtanato il cervello e la vita. Addio a tutti. Non preoccupatevi, ce ne andremo con stile”. E lo stile, a quanto pare, conta molto.

“Se non ci arrendiamo siamo morti, ma se ci arrendiamo non ci vedremo mai più”, poi i due si suicidano.

Out of control

In Out of control, un libro del 1994 Kevin Kelly, un autore californiano che si occupa di tecnologie digitali in rete e anche di biologia, elabora una visione filosofica fondata sull’idea che il controllo cosciente della vita collettiva è sostituito progressivamente dalla distribuzione di regole automatiche che rendono l’organismo individuale dipendente dal funzionamento dell’organismo collettivo.
“Dal momento che reti vastissime penetrano il mondo vediamo i primi segnali di quello che emergerà dalla rete di macchine che divengono vive e si evolvono verso una civilizzazione neo biologica. Una mente globale emerge in una cultura di rete. La mente globale è l’unione di computer e natura, di telefoni e menti umane. E’ una rete di complessità infinita governata da una specie di mano invisibile, noi umani saremo inconsapevoli di quel che la mente globale vuole e pensa. Non perché siamo poco intelligenti, ma per il fatto che il design della mente globale non permette alle sue parti di comprendere l’insieme. I pensieri della mente globale, e le sue azioni conseguenti saranno fuori dal nostro controllo e al di là della nostra comprensione.”
L’automa e il cyborg sono due diverse manifestazioni di un unico processo: l’automa è la macchina che si comporta come un corpo intelligente mentre il cyborg è il corpo umano che incorpora parti elettroniche. La creazione della rete converge con la creazione di una mente globale interconnessa che governa i movimenti degli individui portandoli a fluire entro uno sciame.
Sciame infatti è un organismo collettivo composto di molti sub-organismi individuali i cui movimenti sono guidati da automatismi uniformi e convergenti che sono iscritti nelle mente individuali.
Sciame infatti è un organismo collettivo composto di molti sub-organismi individuali i cui movimenti sono guidati da automatismi uniformi e convergenti che sono iscritti nelle mente individuali.

Sciame-flusso

Lo sciame siamo noi.
Eccoci, il flusso di linguaggio che si trasforma in automatismo.
“Morte ai vecchi” non è un romanzo ma un flusso di autocartografia del vissuto. Il nostro vissuto, accidenti, di noi organismi attraversati da artefatti connettivi.
Perché questo blog? Per registrare la quotidiana evoluzione (le quotidiane evoluzioni) del divenire sciame.
Dalla cronaca leggiamo sui giornali, dalla nostra vita quotidiana, dal pensiero vengono segnali del divenire sciame.
Facciamoli emergere, qui, per riflettere, per guardarci e capire e forse generare una coscienza che trascenda l’automa. L’automa che noi siamo.

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