Il cerchio non si chiude

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Isidoro Vitale si svegliò con un terribile mal di testa. Ne soffriva da decenni ma negli ultimi tempi gli attacchi si erano fatti sempre più frequenti. Si svegliava così, con un intenso dolore alle tempie che gli impediva quasi di respirare. Per fortuna quella mattina poteva restare a letto.
Durante queste crisi di emicrania, che arrivavano specialmente la mattina, il corpo era quasi paralizzato. I movimenti divenivano lenti e penosi, ma Isidoro non smetteva di pensare. Il pensiero si organizzava in forma di loop. “Il cerchio non si chiude” si diceva mentre sullo schermo interiore della sua mente si proiettava sempre lo stesso film. Una scena d’infanzia, quando andava al mare coi genitori, bambino filiforme le gambe ossute come lunghi stecchi di legno. E sullo sfondo il mare nero la sabbia bianca e tutto il resto grigio. Un guizzo associativo collegava questa scena a un’altra, incastonata nella sua memoria dopo la visita a un museo del nord. Una goccia cade rítmicamente da un rubinetto sulla pelle tesa di un tamburo, il suono enormemente amplificato. La goccia ingrandita cento volte su uno schermo scende dal pertugio metallico del rubinetto, e vibra ingrossandosi e trema e si allunga e si lacera infine cadendo col rumore di un tuono. Poi lo sguardo di Federica l’ultima volta che si erano visti invadeva la sua mente come inchiostro scuro. L’ultima volta, quando gli aveva parlato di quell’oggetto misterioso dal nome quasi impronunciabile che lei aveva scoperto in una tomba dalle parti di Hierve el agua. (pag. 10, Franco Berardi, Massimiliano Geraci, Morte ai vecchi, Baldini&Castoldi)

Bill Viola, He weeps for you