Disinganno

Il picaro è alla ricerca di una cosa che non esiste: l’identità l’appartenenza, l’origine, la verità.
Nella letteratura spagnola il buscon è colui che non sa rispondere alla domanda: chi sei? Non appartiene a nessuna famiglia, non può citare antenati illustri, non ha una professione né una casa. Inizia da qui la ricerca interminabile che costruisce la modernità. Simulazione di verità che si succedono in un vortice che produce ricchezze innumerevoli.
Per costruire la sua identità priva di radici il picaro deve inventare una storia: dalla ricerca del picaro nasce il romanzo moderno, dalla sua energia scaturisce il giardino di Armida della modernità (dell’anima barocca senza cui non c’è modernità).
Il giardino di Armida appare agli occhi del lettore di Tasso come un palcoscenico teatrale, una simulazione che inganna i sensi fino a divenire seconda realtà. Il mondo non è più creazione divina, ma frutto dell’arte magica di Armida, finzione, emanazione di forme, produzione di mondo. L’arte, dapprima imitatrice della natura, diviene, con la modernità, la creatrice di una seconda natura, la natura trasformata dalla tecnica, il mondo della merce.

E quel che ‘l bello e ‘l caro accresce a l’opre,
l’arte, che tutto fa, nulla si scopre.


Di natura arte par, che per diletto
l’imitatrice sua scherzando imiti. 

Isidoro Vitale legge Cavalcanti. E’ la leggerezza sofferente di Cavalcanti che gli interessa, la sua malinconica cortesia. Cavalcanti non alza la voce non si straccia le vesti, e come ricorda Calvino nelle lezioni americane, salta leggerissimo da cavallo. E’ leggero, come vorrebbe essere Isidoro. Niente a che vedere con Isidoro Vidal, il protagonista del Diario de la casa al cerco di Bioy Casares, dove come ricorderete tutti benissimo accade la stessa cosa che accade anche qui, nel nostro libro.
Diario de la casa al cerdo che mi capitò di leggere una ventina di anni fa.
Anche lì nel libro di Bioy Casares, in una Buenos Aires piuttosto campagnola, i giovani ammazzano i vecchi. Ma siamo nel 1968, capisci che è diverso, e se i giovani ammazzano i vecchi hanno le loro buone ragioni. Mao lo ha ripetuto mille volte che il nuovo deve spazzare via il vecchio e la rivoluzione culturale è stata tutto un ammazzamento di vecchi da parte di giovani (ma anche di giovani da parte di vecchi per dir la verità).
Nel romanzo di Casares i vecchi passano le giornate insieme e si chiamano fra loro “ragazzi” e i giovani sono dei tipi alla mano, si capisce che se ti ammazzano un po’ gli dispiace.
KS vuol dire sciame assassino. Chi partecipa allo sciame non è responsabile delle sue azioni, anzi neppure se le ricorda e non le ha assolutamente pianificate. E’ una folla automatica impegnata in un’azione che coinvolge le sinapsi performative ma non la coscienza né la volontà.
Che vuol dire il parolone coscienza? Il gioco che attribuisce un sé alla consapevolezza dell’agire.
KS è sospensione del sé, sospensione dello specchio, della riflessione.
Il libro naturalmente finisce in via del disinganno, una via che non conduce necessariamente al cinismo.

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